Benvenuti! Questo blog è la manifestazione concreta del mio bisogno compulsivo di apparire nell'orgia mediatica...

26 nov 2007

La COSA


Nel post sulle "identità guerriere" avevo provato a ridefinire l'identità in relazione all'operatività, ma molti, tra cui il Carlesi, con il quale ho avuto il piacerere di discorrere una sera in un covo di insurrezionalisti, mi hanno chiesto che cazzo volesse mai dire.
Bene, bimbi sperduti, proviamo a metterla così. Credo che chiunque, almeno una volta nella vita, sia stato colto da un vago pathos introspettivo e si sia posto la fatidica domanda :" chi sono?", oppure avra sentito parlare di stronzate new age del tipo "ritrovare se stessi". Bimbi sperduti, se siete arrivati a questo è già qualcosa, ma ora, vi prego, BASTA CON LE CAZZATE!
Il problema dell'identità non va più posto nell'ottica della ricerca dell'origine, nè nella prospettiva del rispecchiamento con ciò che più si confà al nostro intimo modo di essere, nè tanto meno nei termini dell'autonomia.
La domanda "CHI SONO?" deve essere sostituita dalla domanda "COSA POSSO FARE?".
Porsi questa domanda significa ridefinire l'ambito del problema dell'identità non più come qualcosa di meramente rappresentabile e rappresentativo, ma come STRUMENTO OPERATIVO. Tradurre la domanda su questo nuovo territorio implica l'uscita dai mecanismi della rappresentazione e della riflessione: vuol dire smettere di specchiarsi sulle superfici riflettenti dei modelli mediatici, delle ideologie politiche, delle religioni e delle arti. Spostare la domanda significa smettere di cercare. "Ah!" -direte- " è solita cazzata dell'essere concreti, smettere di pensare e agire!". Si, pazzi, ma non come avete sempre fatto! L'unico agire possibile è un agire non più diretto verso l'esterno, non più finalizzato al dominio sulla natura, o alla trasformazione delle condizioni di esistenza in funzione delle esigenze e della volontà del soggetto. Questo è l'agire di Robinson Crusoe, o delle masse rivoluzionarie; è l'agire di forme di soggettività, individuali o collettive, ormai scomparse, impensabili. L'agire che intendo è l'agire del "tritacarne", o il suo linguaggio, che è la stessa cosa.
E' un agire non più diretto verso l'esterno, ma verso l'interno (se di interno possiamo continuare a parlare); un agire che si ripega su sè stesso, che è automodifica, autoproduzione, da non confondersi con un restyling del mito cazzone del self-made-man. Non parlo di autonomia o di creazione di qualcosa di nuovo, originale. Parlo di qualcosa di estremamente concreto che si impone all'essere umano giunto a questo livello evolutivo, e che illustrerò nel prossimo post. PAZZI!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

il problema della "reflection" bartoli, è un problema che non si può liquidare in 4 e 4 otto. è una cosa estremamente seria, che richiede tempo e riflessione; non cè ancora una risposta soddisfacente, alla domanda dell'identità umana. al massimo cè qualche tentativo parziale di definire qualcosa in termini di "servizi" di "propietà emergenti". una forntiera decisamente interessante.. ma purtroppo evidentemente incompleta e frazionaria.
Vi farò l'esempio della reflection nei linguaggi di programmazione: ci sono entità "oggetti" di cui non si sa nulla quando vengono "maneggiati"; eppure un gruppo di brillanti informatici degli anni 80; ha capito che in realtà gli oggetti informatici in questione potevano essere "osservati" e "modellati" come se fossero qualsiasi altro oggetto "reale". e in sostanza potevano essere usati senza problemi, pur non conoscendone la natura.
Caro bartoli, spostare il problema, spostarne il dominio, non ti aiuterà a risolvero, spece se come strumento utilizzerai un arnese cosi farraginoso e fumoso come il "tritacarne"; che onestamente mi pare più un grazioso artifizio letterario che uno strumento efficace.
saluti.

elkappe ha detto...

Baccio ma sparatele nel culo le proprietà emergenti!
ah, non dimenticare di farti sodomizzare dalle reflection.
Una domanda: Ma la realtà in cui vivi esula dai bit ?

Ma i Rapporti sociali...
il potere...
ma come caspita leggete la realtà?

"spece se come strumento utilizzerai un arnese cosi farraginoso e fumoso come il "tritacarne"; che onestamente mi pare più un grazioso artifizio letterario che uno strumento efficace."
queste invece sono le poche parole sensate che sono uscite da quell'orifizio che ti hanno appiccicato tra le guance.

Marco la "potenzialità del fare" usata per definire l'identità è un cazzo di mito liberale tardo ottocentesco.

Ma te dovresti anche studiarle certe cose.

Allora spiegami in cosa si differenzia dal S.M.M.???

marco ha detto...

ecco carlesi... lo sapevo che avresti cercato in ogni modo di riproporre la storia del borghese assassino così da poter maneggiare categorie con cui hai più confidenza, ma purtroppo non è di questo che si tratta e l'ho scritto a chiare lettere. Carlesi non cercare di fottermi e abbi pazienza! Non si tratta di "potenzialità del fare" perchè la "potenza" presume un "atto", cioè uno stato di compiutezza in direzione del quale si svolge l'agire. Niente a che vedere con la "forme aperte" di cui vedrò di parlare nei prossimi post...

E tu , Baccini, lo so che il tritacarne ti spaventa, prova ne è il fatto che lo feticizzi appena puoi, ma non devi temere: è solo un artifizio letterario; una innoqua metafora...